11-01-2023
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Casa, la stretta “green” europea che penalizza l’Italia.

L’ultimo compromesso prevede che entro il primo gennaio del 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica «E». Dopo altri tre anni, nel 2033, sarà necessario un altro scatto e arrivare alla classe «D». E infine, sarà necessario arrivare tra il 2040 e il 2050 alle emissioni zero. Va detto che l’ultima bozza di compromesso ha anche ammorbidito le richieste iniziali, che prevedevano tempi più stretti (un primo step già nel 2027) e classi energetiche più elevate (la «D» nel primo passaggio e poi la «C»). Ma la sostanza cambia poco. Il punto resta l’obbligo per gli Stati membri di assicurare che il patrimonio edilizio sia interamente ristrutturato per garantire i nuovi parametri di efficienza energetica. Nelle prime proposte erano anche previste alcune sanzioni draconiane per chi non avesse ottemperato a questo obbligo, come il divieto di vendere o affitare la casa che non avesse il bollino verde richiesto dall’Europa. 

 

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IL PASSAGGIO

Questo passaggio è stato eliminato dalle nuove bozze, mentre è stato demandato agli Stati membri di decidere autonomamente a quali sanzioni sottoporre chi non adegua la propria casa ai nuovi requisiti di efficienza energetica. In realtà non c’è nemmeno bisogno che una sanzione sia effettivamente stabilita. Non appena la direttiva europea entrerà in vigore, l’effetto automatico sarà quello di ridurre il valore delle abitazioni che non rispettano i requisiti della direttiva. E in Italia sono tante. Nelle classi «G» ed «F», le due classi energetiche più basse, secondo gli ultimi dati dell’Enea, c’è il 60 per cento delle abitazioni residenziali.

 

Una volta che la direttiva sarà approvata e recepita nell’ordinamento, chiunque acquisterà un’abitazione che rientra in queste classi energetiche, sa che nel giro di poco tempo sarà costretto a doverla ristrutturare. La riduzione del valore degli immobili, inoltre, potrebbe avere effetti anche sul sistema bancario. I mutui concessi per l’acquisto delle abitazioni hanno come garanzia l’immobile stesso. Ma cosa accade se il valore dell’immobile si riduce? È possibile che le autorità di vigilanza europee possano chiedere alle banche di adeguare le garanzie stesse. Un tema sul quale anche l’Abi ha da tempo acceso un faro.

 

LE ESENZIONI

Nella nuova bozza di compromesso della direttiva, sono state inserite anche alcune esenzioni. Come quella sugli immobili di interesse storico. Inizialmente erano stati ricompresi anche questi nell’obbligo di efficientamento energetico. Circostanza che, soprattutto in un Paese come l’Italia, avrebbe creato problemi rilevanti vista l’impossibilità di poter intervenire in alcuni contesti con coibentazioni o con l’installazione di pannelli fotovoltaici. L’esenzione, tuttavia, riguarda soltanto gli edifici storici «ufficialmente protetti», ossia quelli che rientrano tra i beni sottoposti a vincolo. In Italia nei centri storici ci sono invece moltissimi immobili storici ma che non hanno un vincolo puntuale.

 

Per questi l’esenzione non si applicherà. Saranno invece esentate le chiese e tutti gli altri edifici di culto. E una protezione ci sarà anche per le «seconde case». Quelle, spiega la direttiva, che sono abitate per meno di quattro mesi all’anno. Infine, saranno “salvate” dall’obbligo di efficientamento le abitazioni indipendenti che hanno una superficie inferiore a 50 metri quadrati. «Le misure contenute nel testo della direttiva», spiega Giovanni Gagliani Caputo, membro del Comitato esecutivo dell’Unione internazionale della proprietà immobiliare, «non lasciano agli Stati membri sufficiente flessibilità per adattarsi al contesto nazionale, per valutarne la fattibilità, le necessità economiche e verificare la capacità finanziaria dei proprietari e dei conduttori».

 

fonte: ilmessaggero

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